Con l’esplosione del lavoro da remoto, milioni di persone hanno scoperto la comodità di lavorare da casa. Nessun pendolarismo, orari flessibili, maggiore autonomia. Tuttavia, a distanza di qualche anno dalla normalizzazione dello smart working, iniziano a emergere anche i suoi effetti collaterali: primo fra tutti, la solitudine. Lavorare da casa può significare giornate intere senza scambiare una parola dal vivo con nessuno, interazioni ridotte a icone su uno schermo e una crescente sensazione di isolamento. Il risultato? Un aumento significativo dei casi di burnout tra freelance e lavoratori in remoto, come segnalano diverse ricerche internazionali sul benessere lavorativo post-pandemia.
Burnout da remoto: le cause invisibili
Il burnout da smart working non è causato solo dalla mole di lavoro, ma da un mix di fattori meno evidenti: la mancanza di contatti sociali quotidiani, l’assenza di un confine chiaro tra vita privata e professionale, la difficoltà a disconnettersi. Inoltre, lavorare da soli comporta una continua autogestione, senza il supporto o il confronto diretto con colleghi, che spesso aiuta a ridurre la pressione. Anche il semplice “andare in pausa” diventa complicato: non c’è più la macchinetta del caffè o il collega con cui scambiare due parole, ma solo il silenzio del proprio salotto. Tutto questo può generare un senso di vuoto, un crollo della motivazione e, nel tempo, portare a una vera e propria crisi professionale ed emotiva.
Coworking: l’antidoto sociale al burnout
Ed è proprio qui che entra in gioco il coworking. Gli spazi di lavoro condivisi offrono un ambiente professionale stimolante, dove il semplice atto di condividere una scrivania o una pausa caffè può fare la differenza. Nei coworking si ricrea quella socialità spontanea che manca nel lavoro da casa: piccoli scambi, interazioni informali, possibilità di confronto. Non si tratta solo di networking, ma di benessere psicologico. Il coworking riduce l’isolamento, restituisce ritmo e struttura alle giornate e, soprattutto, permette di sentirsi parte di una comunità, anche se si lavora su progetti individuali. Alcuni spazi organizzano anche momenti di formazione, eventi, colazioni di gruppo: occasioni preziose per creare connessioni reali.

Riprendere il controllo del proprio benessere
Affrontare lo stress da solitudine richiede una risposta concreta, e il coworking si propone come una delle più efficaci. Non si tratta solo di trovare una scrivania, ma di rientrare in un ecosistema di relazioni e stimoli, dove anche il più solitario dei freelance può sentirsi meno solo. Se stai vivendo un momento di calo motivazionale o senti che lo smart working ti sta logorando, considera di provare uno spazio di coworking anche solo per qualche giorno a settimana. Il beneficio sul piano emotivo e professionale può essere immediato. In un’epoca in cui il lavoro è sempre più digitale, ritrovare il contatto umano può fare davvero la differenza.
Ritrovare equilibrio: una scelta da considerare
Lo smart working ha ampliato le possibilità per molti professionisti, ma ha anche portato con sé nuove forme di stress legate all’isolamento e alla mancanza di interazione. Il coworking si presenta come una risposta concreta a questo disagio, offrendo ambienti stimolanti in cui lavorare senza sentirsi soli. Condividere uno spazio significa anche condividere esperienze, idee e piccoli momenti quotidiani che aiutano a mantenere il benessere psicologico. È un modo per uscire dall’isolamento e rimettere al centro la dimensione umana del lavoro. Se la solitudine ti pesa, forse è il momento di ripensare dove e come lavori.